La riesumazione ciclica dell'antisemtismo

Shimon Samuels e Alex Uberti*

Dalle dichiarazioni di Michetti alle infiltrazioni neofasciste nelle proteste di piazza. Il Centro Wiesenthal è scioccato dall'apparente indifferenza verso i gruppi estremisti che, banalizzando l'odio, trascinano la società italiana verso violenza e razzismo

Alla vigilia del primo turno alle elezioni municipali di Roma, il candidato sindaco di destra Enrico Michetti fu messo alle strette dalle sue stesse affermazioni, che riflettevano un antisemitismo classico e banalizzato, e dovette scusarsi così: “...ho utilizzato con imperdonabile leggerezza dei termini che alimentano ancora oggi storici pregiudizi e ignobili luoghi comuni nei confronti del popolo ebraico.”
    
Un mea culpa dignitoso, Michetti rimane candidato al ballottaggio. Ciò malgrado, il caso è sintomatico di un malessere che attraversa la società italiana ed europea ciclicamente e ancora di recente.
  
In Italia, la porosità - della Lega o di Fratelli d'Italia in particolare - verso organizzazioni di matrice neofascista o nazionalsocialista come Forza Nuova e Lealtà Azione, ha recentemente fatto notizia nella campagna elettorale e nelle proteste di piazza contro il green-pass, degenerando con l'assalto ad una sede sindacale e al pronto soccorso di un ospedale.
  
Nonostante il fatto che, sia il parlamento della Repubblica che il governo stiano prendendo posizioni più intransigenti contro questi gruppuscoli, incontrano comunque l'opposizione dei succitati partiti di destra, ma anche di esponenti di Forza Italia, un partito più moderato, con poche lodevoli eccezioni.
   
Il Centro Wiesenthal è scioccato da questa apparente indifferenza verso i gruppi estremisti che, banalizzando l'odio, trascinano la società verso più violenza, razzismo e antisemitismo.
  
Siamo appena ad un anno dal centenario della "Marcia su Roma" - che alcuni nostalgici potrebbero voler rievocare. Quello fu non solo il punto di partenza della dittatura fascista di Mussolini, ma anche fonte d'ispirazione per Hitler in Germania, per Franco in Spagna e per diversi altri regimi nazionalisti in tutta Europa.
  
La polarizzazione politica in Europa - come anche negli Stati Uniti, culminata nell'assalto al Congresso del 6 gennaio - è esacerbata dalla crisi economica, dall’afflusso di rifugiati, dall’emergenza Covid, dalle preoccupazioni legate alle questioni ambientali e dalla percezione di sfaldamento progressivo dell’identità nazionale.
   
La campagna No vax e No green pass è stata fin troppo spesso dirottata dall'estrema destra in tutta Europa, utilizzando stereotipi antisemiti - con spesso “lobby ebraica” come parola d'ordine - per incitare al caos sociale e politico... Per non parlare dell'apparente interferenza di una o più potenze straniere, allo scopo di “dividere per dominare!” 
  
Simon Wiesenthal scrisse: "Ciò che inizia con gli ebrei, non finisce mai solo con gli ebrei!". 

 

Potrebbe quindi essere necessario, adesso più che mai, ricordare a tutti che ciò che è iniziato con la Marcia su Roma o la weimarizzazione della politica in Germania ha portato al nazifascismo in tutta l’Europa continentale ed alla seconda guerra mondiale, che si concluse con milioni di vittime, dalle Fosse Ardeatine alla Shoah.
   
A proposito, tornando a Roma, il massacro delle Ardeatine fu l'esecuzione di 335 civili e prigionieri politici, ebrei e non, come rappresaglia - o vendetta - per l'agguato dei partigiani contro reclute naziste altoatesine in via Rasella. Da quel lontano giorno di marzo 1944, ci sono voluti 50 anni di ricerche, per finalmente trovare, estradare e processare Erich Priebke - il comandante dell'unità della Gestapo responsabile della strage. All’indomani della vittoria alleata in Europa, Priebke riuscì ad evadere da una prigione a Rimini e fu esfiltrato dall’Italia post-bellica attraverso la “ratline” [rete di esfiltrazione di nazisti dall'Europa] con la complicità del vescovo Alois Hudal ed altri membri del clero. Aveva trovato un rifugio d'oro a Bariloche, in Argentina, con altri commilitoni. In un tormentato processo durato due anni, fu dapprima scagionato perché semplicemente “eseguiva gli ordini” (secondo una presunta “legge di guerra” la rappresaglia prevedeva di giustiziare dieci persone per ognuno dei 33 soldati uccisi).
   
In appello, il nostro Centro, insieme alle famiglie dei Martiri delle Fosse Ardeatine e alla Comunità ebraica romana, insistettero per ottenere, parafrasando Simon Wiesenthal, “giustizia, e non vendetta”. Priebke fu infine condannato all'ergastolo perché “ne aveva giustiziati 335, cinque di troppo.” Considerata la sua età avanzata, gli furono concessi gli arresti domiciliari. Restò impenitente fino alla sua morte nel 2013 all'età di 100 anni e fu sepolto in una tomba anonima. Per Simon Wiesenthal, era il classico esempio di "longevità che non giustifica l’impunità." Ironia della sorte, Priebke era comunque sopravvissuto a buona parte dei discendenti diretti dei Martiri. Di più, beneficiò di un supporto continuo e indegno da parte di alcuni nomi illustri: giornalisti, polemisti, politici, estremisti... ma questa è un'altra storia.
  
All'epoca, l'allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, fondatore di Forza Italia, aveva sostenuto l’iniziativa di far estradare e consegnare alla giustizia questo criminale di guerra nazista. Ma Priebke non era da considerarsi un'eccezione isolata. Migliaia di giovani furono nutriti di antisemitismo per decenni, per poi diventare complici dell'Olocausto. Così, anche la sua vicenda processuale divenne l’occasione per nuove generazioni, impietosite dal destino di questo “assassino in divisa” o sentendosi giudicati per associazione, di riesumare il vecchio abominio.
  
I partiti politici di oggi si trovano ad un bivio: la scelta è tra, consentire agli estremisti di infliggere il proprio odio sull'altro, oppure, condannando gli slogan e le gesta velenose, scegliere di costruire una società basata sulla democrazia e sul dialogo. 
  
Nel giudaismo apprendiamo che, confrontati ai propri peccati, la dignità può essere salvata dall’assunzione delle proprie colpe e dalla penitenza. L'alternativa è negare ancora di più le proprie responsabilità, farsi corrodere dalla frustrazione, alimentare l'odio e, in ultimo, ricorrere alla violenza.
    

    
*Shimon Samuels è Direttore per le Relazioni Internazionali del Centro Simon Wiesenthal
Alex Uberti è Ricercatore e Consulente del Centro Simon WIesenthal - Europa