di Mauro Seminara
Considerare risolto il “problema” dei flussi migratori irregolari, fin quando la soluzione proposta è quella di corrompere aguzzini perché impediscano loro di partire, è la malsana utopia su cui tutti i governi italiani dovranno sbattere il muso. Al netto di finanziamenti alla Tunisia – miserabili aiuti più che di modesta entità – e finanziamenti alla Libia perché gli stessi carcerieri contigui ai trafficanti impediscano ai migranti di raggiungere una condizione di vita pretesa dalla Convenzione di Ginevra e dalla Costituzione della Repubblica italiana, a Lampedusa le persone migranti continuano ad arrivare. E questo è il lato positivo della storia, visto che la repressione dei viaggi della speranza produce naufragi e non soluzioni sociali.
Sono inoltre da considerare strettamente legati i fatti che accadono a Lampedusa con quello che si è verificato a Colleferro
Oggi le motovedette di stanza a Lampedusa sono intervenute per due nuovi arrivi di fortunati migranti. Cinquanta persone, su due diverse barche, che miracolosamente sono riuscite a raggiungere le acque territoriali italiane malgrado la mutevolezza del Mediterraneo centrale in questo periodo, l’assenza di soccorsi in acque internazionali (se non ad opera degli stessi libici che riconsegnano i migranti ai trafficanti), l’assenza del velivolo civile della Ong tedesca Sea Watch che segnalava la posizione delle imbarcazioni in pericolo alle autorità marittime e che da venerdì è fermo a terra per disposizioni ENAC (l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile). Due barche che in modo diverso sono arrivate in acque territoriali vicino Lampedusa. Una partita dalla Tunisia, dalla vicina Sfax, con a bordo 24 harraga tunisini, tutti uomini ed in buono stato di salute. L’altra partita dal porto libico di Zuwara con a bordo 26 persone di nazionalità mista.
Tra questi, che a differenza del gruppo tunisino non hanno raggiunto il porto scortati ma sulla propria barca e sono stati invece trasbordati sull’unità SAR d’altura “CP-319” della Guardia Costiera, c’erano anche 14 donne e 7 minori. Nazionalità prevalente di etnia subsahariana, incluse le donne che pare fossero della Costa d’Avorio. Queste 50 persone sbarcate oggi sulla maggiore delle Pelagie, dopo il triage sanitario in banchina, sono state accompagnate al centro di prima accoglienza che lunedì è stato annunciato come “sgomberato” e che oggi conta circa 140 presenze a fronte di una capienza di 196 posti prima della disposizione di chiusura per la funzione di alloggio.
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